I dieci più interessanti segreti del Ponte di Brooklyn.

A cura di Emily Nonko

Il 24 di maggio di 135 anni fa folle di cittadini di New York arrivarono alle sponde di Manhattan e Brooklyn per festeggiare l’apertura di quello che allora era conosciuto come il Ponte di New York e Brooklyn. 1800 veicoli e 150.300 persone attraversarono quello che un tempo era l’unico passaggio tra Brooklyn e Manhattan. Il ponte venne poi soprannominato Brooklyn Bridge, un nome che colpisce, e presto divenne uno dei più iconici simboli di New York. Ma ci sono tantissime storie e segreti da raccontare. Sono moltissimi i fatti poco conosciuti del ponte, dalle cantine vinicole nascoste ad una parata di ventuno elefanti nel 1884. Quindi per il 135° anniversario del ponte di Brooklyn, 6sqft ha raccolto i dieci segreti più intriganti.

L’idea di costruire un Ponte tra Brooklyn e Manhattan risale all’inizio del secolo.

Proprio come la Metropolitana della Second Avenue, l’idea di un ponte che unisse Manhattan e Brooklyn venne considerata anni prima della costruzione vera e propria. Secondo The Great Bridge, di David McCullough, la prima seria proposta per un ponte venne registrata a Brooklyn nel 1800. Il falegname e giardiniere Thomas Pope propose un “Flying Pendant Lever Bridge” per attraversare l’East River e la sua idea fu tenuta in vita per sessant’anni come progetto per il ponte di Brooklyn. Ma il ponte a sbalzo, realizzato completamente in legno, non si dimostrò strutturalmente solido.

Ponti a catena, ponti in filo metallico, persino un ponte largo trenta metri erano stati tutti proposti per collegare le due rive. La sfida principale, tuttavia, era l’East River, un fronte di marea noto come corso d’acqua turbolento e pieno di barche. Il ponte doveva passare sopra gli alberi delle navi e non poteva avere moli o un ponte levatoio.

Quando effettivamente iniziò la costruzione, il ponte fu considerato “simbolo di una nuova era.”

Quando i piani per il ponte vennero messi a punto, nel 1860, progettisti, ingegneri e architetti sapevano che questo non sarebbe stato un ponte comune. Fin dall’inizio venne considerato, stando a McCullough, “una delle più grandi opere di collegamento della storia, simbolo di una nuova era.” Volevano che il loro ponte potesse rivaleggiare con progetti come il Canale di Suez e la ferrovia transcontinentale. Era stato progettato come il più grande ponte sospeso del mondo, fiancheggiato da torri che avrebbero messo in ombra tutto il resto. All’epoca, l’acciaio era considerato “il metallo del futuro” e il ponte sarebbe stato il primo nel paese ad utilizzarlo. Una volta aperto, sarebbe stato utilizzato come una “grande strada” tra le due città. John Augustus Roebling, il progettista del ponte, affermò che “non solo sarà il più grande ponte esistente, ma sarà il più grande lavoro di ingegneria del continente e dell’epoca“.

Le torri erano fondamentali per il successo del ponte.

Molte delle sfide di costruzione del ponte, che hanno rallentato il progetto per così tanti anni, sono state risolte dalle sue torri, tutte identiche tra loro, alte 81.6 metri. Architettonicamente sono caratterizzate da due archi gotici, due in ogni torre, che permettono il passaggio della strada. Alti più di 30 metri, gli archi furono disegnati per ricordare le grandi finestre della cattedrale di una chiesa. Vennero costruiti con calcare, granito e cemento naturale di Rosendale.

Queste torri, preannunciate come le più grandi cose mai costruite sull’intero continente nordamericano, hanno anche svolto un ruolo ingegneristico cruciale. Portavano il peso di quattro enormi cavi e mantenevano questi, e la carreggiata del ponte, abbastanza alti da non interferire con il traffico fluviale.

La prima donna ad attraversare il ponte ha anche supervisionato la sua costruzione.

John Roebling, il progettista iniziale del ponte, non ha avuto l’occasione di vederlo ultimato. Mentre leggeva la bussola in preparazione della costruzione, il suo piede si bloccò e rimase schiacciato tra un traghetto e il molo. I medici amputarono le dita dei piedi, ma Roebling scivolò in coma e morì di tetano. Poi suo figlio, Washington Roebling, assunse le responsabilità, ma subì due attacchi di malattia da decompressione, nota in quell’epoca come the bends, durante la costruzione. (The bends, un disturbo comune per i lavoratori di ponti, era il risultato dell’entrare troppo rapidamente nelle camere ad aria compressa usate per gettare le fondamenta sott’acqua.)

Washington Roebling, che soffriva di paralisi, sordità e cecità parziale, affidò le responsabilità a sua moglie, Emily Warren Roebling. Emily affrontò la sfida e studiò la matematica, i calcoli delle curve della catenaria, i punti di forza dei materiali e la complessità della costruzione dei cavi. Trascorse i successivi undici anni assistendo suo marito e supervisionando la costruzione del ponte: molti avevano l’impressione che fosse lei la vera progettista. È stata la prima persona ad attraversare completamente il ponte quando è stato completato, “la sua lunga gonna fluttuava nel vento mentre mostrava [alla folla] i dettagli della costruzione“. In seguito, ha continuato a progettare la villa di famiglia in New Jersey, studiò legge, organizzò soccorsi per il ritorno delle truppe dalla guerra ispano-americana e prese persino il tè con la regina Vittoria.

Il ponte fu costruito con numerosi passaggi e compartimenti nei suoi ancoraggi, comprese alcune cantine.

New York City affittò le grandi volte sotto gli ancoraggi del ponte di Manhattan e Brooklyn per finanziare il ponte. Un po’ di spazio in ogni ancoraggio era dedicato allo stoccaggio di vino e champagne, e l’alcol veniva tenuto a temperature stabili durante tutto l’anno. La cantina sul lato di Manhattan era conosciuta come The Blue Grotto ed era ricoperta da bellissimi affreschi raffiguranti vigneti in Germania, Italia, Spagna e Francia. Finirono per chiudere negli anni ’30, ma un’ispezione nel 1978 portò alla luce questa iscrizione sbiadita: “Chi non ha amato il vino, le donne e il canto, è rimasto stupido per tutta la vita“.

C’è anche un rifugio antiaereo della Guerra Fredda sotto l’entrata principale del ponte.

Come sottolineato da 6sqft alcuni anni fa, c’è un bunker nucleare dentro uno dei massicci archi di pietra, sotto l’entrata principale del ponte, sul lato di Manhattan. È pieno di rifornimenti, inclusi farmaci come Dextran (usato per curare gli shock), fusti d’acqua, coperte di carta e 352.000 cracker ipercalorici. La tomba dimenticata non fu scoperta prima del 2006, quando gli operai della città eseguirono un controllo strutturale di routine e trovarono scatole di cartone piene di materiali, con stampati sopra due anni significativi nella storia della Guerra Fredda: 1957, quando i sovietici lanciarono il satellite Sputnik e 1962, durante la crisi dei missili cubani.

Una fuga precipitosa ha fatto sì che i newyorkesi dubitassero della forza del ponte.

Solo sei giorni dopo l’apertura del ponte, una donna inciampò e cadde lungo le scale di legno sul lato di Manhattan. Stando alla storia, la sua caduta causò lo spavento di un’altra donna che si mise ad urlare e le persone vicine si precipitarono verso la scena. Questa situazione scatenò una reazione a catena di confusione. Molte persone assalirono la stretta scala e una voce che il ponte sarebbe crollato cominciò a circolare tra la folla. Con migliaia di persone sul lungomare, la calca causò la morte di almeno dodici persone.

Ma una parata di elefanti soppresse ogni dubbio.

Quando il ponte di Brooklyn si stava preparando per la sua apertura, P.T. Barnum fece la proposta di far camminare la sua troupe di elefanti attraverso il ponte – ma le autorità la respinsero. Dopo l’evento della folla impazzita, tuttavia, rimanevano dei dubbi riguardo la stabilità del ponte. Così, nel 1884, fu chiesto a Barnum di aiutare a sopprimere quei dubbi persistenti, ed egli ebbe l’opportunità di promuovere il suo circo. La sua parata di elefanti includeva Jumbo, il pregiato elefante africano di Barnum.

Come riportava il New York Times all’epoca, “Alle 21:30 in punto 21 elefanti, 7 cammelli e 10 dromedari furono rilasciati dal traghetto ai piedi di Courtlandt Street… Gli altri elefanti si trascinavano, sollevando i loro tronchi e sbuffando al passaggio di ogni treno. Il vecchio Jumbo ha condotto la retroguardia.”

Il giornale testimone dei fatti ebbe anche ad osservare che “…alle persone che alzavano gli occhi dal fiume al ponte sembrava che l’Arca di Noè si stesse svuotando su Long Island”.

Questo ponte ha ispirato il detto “I’ve got a bridge to sell you.“ (Ho un ponte da venderti) perché le persone stavano effettivamente cercando di vendere il ponte di Brooklyn.

Il truffatore George C. Parker è presumibilmente l’uomo che ha avuto l’idea di “vendere” il ponte di Brooklyn ai visitatori ignari dopo l’apertura. La sua truffa in realtà ha funzionato, si dice che abbia venduto il ponte almeno due volte a settimana per due anni. I giornali dicono che aveva preso di mira turisti e immigrati ingenui. (Non ha solo messo il cartellino del prezzo sul ponte, ma ha anche “venduto” la Tomba di Grant, la Statua della Libertà e il Metropolitan Museum of Art.) Il successo di Parker ha convinto altri imbroglioni a cimentarsi nella vendita del ponte, ma nessuno di loro ha avuto altrettanto successo. Questa situazione, tuttavia, ha ispirato la frase “I’ve got a bridge to sell you“ (Ho un ponte da venderti – usata per indicare che l’interlocutore è disposto a credere a qualcosa di incredibile.) Parker ha subito delle conseguenze per la sua truffa: dopo essere stato arrestato per frode più volte, è stato inviato a Sing Sing per tutta la vita nel 1928.

Nonostante la sua forza, il ponte si muove ancora.

Ancora oggi il Ponte di Brooklyn cresce di circa 7.6 centimetri se fa estremamente freddo. È il risultato della contrazione dei cavi e dell’espansione a basse temperature, cosa che accade da quando il ponte è stato completato.

Ma vi sbagliereste a pensare che i cavi non abbiano una forza sovraumana. Ogni cavo è composto da 19 trecce separate, ciascuna delle quali ha 278 fili. (Ci sono oltre 22.530 km. di cavi nel Brooklyn Bridge.) Per installare i cavi i lavoratori devono congiungere i fili, quindi legarli per creare le trecce. Una barca deve arrivare da Brooklyn e viaggiare fino a Manhattan. Quindi due argani all’esterno delle torri debbono tenere i fili in posizione mentre gli operai li sollevavano verso l’alto. Questo processo noioso, spesso interrotto dal tempo inclemente, ha richiesto due anni per essere completato.

Come sei immigrati italiani del South Bronx hanno scolpito alcune delle sculture più iconiche della nazione

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Quando i fratelli Piccirilli arrivarono dall’Italia a New York nel 1888, portarono con loro un’abilità, un’arte ed una passione per lo scolpire la pietra, senza eguali negli Stati Uniti. Nel loro studio al 467 East della 142a strada, nella Mott Haven Section del Bronx, i fratelli trasformarono enormi lastre di marmo in alcune delle più significative icone nazionali, incluso il frontone del Senato del Capitol Building e la statua di Abramo Lincoln che si trova nel Lincoln Memorial nella National Mall.

I Piccirilli non solo hanno contribuito ad immortalare la storia nazionale su pietra ma hanno anche lasciato un segno indelebile su New York. Hanno lavorato a centinaia di commissioni all’interno dei cinque distretti, tra cui le undici figure nel frontone della borsa di New York, “i quattro continenti” che adornano la Custom House di Bowling Green, i due maestosi leoni che fanno da guardia alla biblioteca pubblica di New York, entrambe le statue di George Washington per l’arco a Washington Square, e oltre 500 sculture individuali alla Riverside Church.

Tutti e sei i fratelli – Attilio, Ferruccio, Furio, Getulio, Masaniello, e Orazio – nacquero a Massa, in Toscana, vicino alle famose cave di marmo di Carrara, dove loro padre, Giuseppe, era un maestro scultore. Giuseppe insegnò il mestiere a tutti e sei i suoi figli, Attilio e Furio poi continuarono i loro studi all’Accademia di Belle Arti a Roma. Fortunatamente per loro, i Piccirilli arrivarono a New York al fiorire del City Beautiful Movement (1890 – 1920) un modello di pianificazione urbana che ambiva ad una rinascita morale e sociale attraverso l’ispirazione dell’architettura civica. I monumenti appartenenti al movimento sono stati scolpiti con il sistema perfezionato dai Piccirilli.

Albert Ten Eyck, ex curatore di scultura al Met, ha spiegato che “con l’arrivo dei Piccirilli, non è stato più necessario per gli scultori Americani andare in Italia per vedere le loro opere trasformate in marmo. In realtà era del tutto inutile che uno scultore sapesse qualcosa sul taglio della pietra in quanto ad alcuni bastava modellare l’argilla, e farsi completare tutti i propri lavori in pietra dai Piccirilli”.

Lo scultore Daniel Chester French aveva questo tipo di relazione con i Piccirilli. La statua francese di Abramo Lincoln, per il Lincoln Memorial, era forse la scultura più celebre dei fratelli, ma questo fu solo uno dei tanti progetti che eseguirono. Dopo aver incontrato i Piccirilli, French ingaggiò i fratelli per tutte le sue successive opere in marmo tranne due. Ma egli non era l’unico.

Per soddisfare la forte richiesta i fratelli fondarono il più grande studio di scultura del paese e furono “conosciuti da costa a costa in tutte le grandi città, ovunque si riunissero architetti e scultori“. Dal loro studio nel Bronx uscivano capolavori di marmo così finemente lavorati, che l’American Magazine of Art ebbe a scrivere nel 1921 che il lavoro dei fratelli “celebra il legame naturale tra arte e artigianato. Ci hanno portato dalla loro terra natale tutta l’arte, l’artigianato, la scienza e la tecnica per liberare l’angelo dalla pietra“.

Ciascuno di loro vinse numerosi riconoscimenti per i propri lavori: Orazio, Attilio e Furio ricevettero individualmente il premio commemorativo Ellin P. Speyer dalla National Academy of Design; Getulio venne premiato per aver scolpito il frontone della Borsa di New York a soli 18 anni; e Attilio, che divenne il più famoso tra i fratelli, fu incaricato non solo di scolpire ma anche di progettare numerose sculture di New York, tra cui Il Fireman’s Memorial sulla Riverside Drive, il Maine Memorial al Columbus Circle, e la Youth Leading Industry al Rockefeller Center.

I Piccirilli vedevano ogni singolo riconoscimento come un premio condiviso. Art Digest riportò nel 1935 che i fratelli usavano sempre “noi” quando si riferivano al loro lavoro, a causa del loro “stretto ed efficace” lavoro di squadra. Quel cameratismo rispecchiava il modo in cui lavoravano: i fratelli erano noti per la loro abitudine di cantare in modo improvvisato mentre scolpivano, e Attilio spesso cucinava il pranzo per l’intera officina lavorativa.

Nel 1944, lo stesso Fiorello LaGuardia evidenziò la cordialità dei Piccirilli. Riguardo al suo amico personale Attilio, LaGuardia scrisse, “è l’uomo più modesto che sia mai esistito…Non l’ho mai sentito criticare un altro artista. Gli ho insegnato a ridere 35 anni fa. Non abbiamo mai smesso da allora.”

I Piccirilli hanno accolto il mondo intero nella loro gioiosa atmosfera, ospitando centinaia di visitatori nel loro studio sulla 142a strada, inclusi Teddy Roosevelt, William Howard Taft, e Woodrow Wilson, ma il mondo non fu a sua volta sempre così accogliente.

I fratelli affrontarono un sentimento ostile agli immigrati anche mentre lavoravano alla realizzazione di alcune sculture tra le più patriottiche degli Stati Uniti. Per esempio, l’Art Commission of Virginia rifiutò gli schizzi di Attilio di un busto raffigurante Thomas Jefferson, aggiungendo che il nome Piccirilli non sarebbe stato bene accetto in Virginia. Analogamente, la Lincoln Memorial Commission respinse il suggerimento di Daniel Chester French di avere “Piccirilli” inscritto sul piedistallo del Lincoln Memorial.

In effetti era insolito che il nome Piccirilli venisse usato come firma. I fratelli spesso lavoravano nell’anonimato, e poiché la scultura figurativa classica perse importanza in favore di stili più moderni negli anni ’20 e ’30, il loro rapporto con i monumenti della città svanì nella memoria. Negli anni ’40, un critico d’arte suggerì addirittura che le sculture di bronzo in cima al Monumento del Maine venissero fuse per lo sforzo bellico.

Quando Orazio, l’ultimo sopravvissuto tra i fratelli Piccirilli, morì nel 1954, il Washington Evening Star rifletté sul contributo che i fratelli avevano dato all’arte americana osservando che “anche le persone che non li hanno mai sentire nominare, hanno motivo di essere grate per il loro lavoro.”

Nel XXI secolo i newyorkesi, per ringraziarli del loro lavoro, hanno voluto riconoscere le fatiche compiute ed onorare i fratelli Piccirilli. La East 142nd Street tra Brook e Willis Avenue è stata ribattezzata Piccirilli Place il 25 marzo 2004.