La Biblioteca Pubblica di New York mostra i suoi storici tesori nella nuova esposizione permanente.

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La Biblioteca Pubblica di New York è sempre stata molto di più di un semplice archivio di libri. Dalla splendida architettura del suo edificio principale sulla 42nd Street (compresi i tubi pneumatici!) una storia del sito collegata al Croton Reservoir, fino ad aggiunte più recenti come la ristrutturazione del  2016 della Rose Reading Room ed un adorabile sistema di treni per libri, ci sono molte storie e molte curiosità da imparare.

La collezione stessa della biblioteca potrebbe rivaleggiare con quella di un museo e la scorsa settimana la biblioteca ha annunciato l’intenzione di aprire una mostra permanente a Gottesman Hall, uno spazio espositivo in marmo di 600 metri quadrati all’interno dello Stephen A. Schwarzman Building, il famoso edificio della 42nd Street. La mostra Treasures (Tesori) presenterà una vetrina rotante di oggetti di valore inestimabile scelti all’interno della sua collezione di 46 milioni di pezzi, come la Dichiarazione d’indipendenza vergata dalla mano di Thomas Jefferson, il Bill of Rights originale, La Bibbia di Gutenberg, le bambole originali di Winnie-The-Pooh, la collezione delle Esposizioni universali, una lettera di Cristoforo Colombo al re Ferdinando ed altro ancora. Nel 2011, il team di Untapped Cities è venuto a conoscenza di una caccia al tesoro svoltasi tutta la notte all’interno della biblioteca per localizzare molti di questi tesori, e siamo entusiasti che entro la fine del 2020 molti saranno esposti permanentemente.

L’originale bambola di Winnie the Pooh con I suoi amici. Photo courtesy New York Public Library

La nuova mostra sarà finanziata con 12 milioni di dollari, donati dal filantropo Dr. Leonard Polonsky CBE e dalla Polonsky Foundation. La collezione della biblioteca pubblica di New York include anche molto più di semplici oggetti fisici: ci sono suoni registrati e oggetti digitali, attualmente distribuiti in quattro biblioteche:  Stephen A. Schwarzman Building, Library for the Performing Arts, Schomburg Center for Research in Black Culture e Science Industry and Business Library – accessibili per scopi di ricerca. Con la collezione Treasures sarà la prima volta che questi articoli saranno disponibili al pubblico su base permanente.

La dichiarazione di indipendenza. Photo by Jonathan Blanc / NYPL.

Ulteriori oggetti che potrebbero apparire nella collezione permanente includono il discorso di commiato di George Washington o la sua ricetta per la birra, note scritte a mano da Charles Dickens insieme ad oggetti appartenenti alla sua casa, fotografie di rinomati maestri come Diane Arbus, Lewis Hine e Richard Avedon, spartiti originali di Beethoven e Mozart, manoscritti di grandi scrittori americani e non, una tavoletta cuneiforme sumera, del 2300 aC circa, e molto altro ancora.

La Bibbia di Gutenberg. Photo by Jonathan Blanc / NYPL.

La copia personale di Charles Dickens di A Christmas Carol. Photo by Jonathan Blanc / NYPL.

La Fondazione Polonsky è stata anche benefattrice di un precedente regalo da un milione di dollari destinato a digitalizzare i manoscritti dei primi scrittori americani ed i manoscritti letterari di scrittori come Walt Whitman, Mark Twain, Henry David Thoreau, Nathaniel Hawthorne ed altri.

IL PADIGLIONE DI UNION SQUARE LA PROSSIMA ESTATE DIVENTERA’ UN PIZZA E BOCCE BAR Il ristorante Bocce questo mese apre offrendo la pizza di un pizzaiolo veterano di Roberta’s

di Stefanie Tuder, cit. https://ny.eater.com/2018/5/4/17320562/bocce-pizza-union-square-pavilion-nyc

Il padiglione in Union Square, quella meravigliosa struttura in cemento all’aperto sul lato nord del parco, presto sarà sede dell’apertura di un “pizza e bocce bar”, una nuova attività per l’estate. Entro la fine di questo mese, al Bocce si serviranno soprattutto pizze di un pizzaiolo del Roberta’s e spritz estivi, tutto questo nel contesto di un campo da bocce.

Il proprietario Jason Leeds ha rilevato il locale e portato il capo-cuoco Tim Meyers per fare le pizze, una versione con gli scampi e una con il pesto e le verdure del mercato; infatti, come da tradizione di questo locale, gli ingredienti arriveranno dal Greenmarket lì accanto. Altri piatti includono un’insalata Ceasar con piselli dolci, orecchiette con pesto alle noci nere e pollo croccante con rabarbaro in agrodolce. Meyers ha imparato a fare la pizza da Anthony Falco, pizzaiolo originario di Roberta’s, che ha anche effettuato consulenze per questo ristorante.

Le bevande si basano sul drink leggero ed effervescente dello spritz, declinato in numerose varianti, e non mancano poi cocktail e vini italiani. Un campo da bocce sarà posto a fianco del bar per giocare bevendo. Alla fine della stagione, il ristorante diventerà solo da asporto.

Il padiglione è uno spazio storicamente avvezzo ai ristoranti: dopo sei anni di progetti bloccati, ripresi e di nuovo bloccati, è stato finalmente aperto in questo spazio un ristorante basato sui prodotti del Greenmarket. È sempre rimasto attivo, ma non particolarmente popolare. Leeds ha messo le mani sulla costruzione dopo aver stretto rapporti con il Team dei parchi di NYC e l’Associazione di Union Square. Il ristorante Bocce aprirà entro la fine di questo mese, restate in contatto per le novità.

“Uraeus” di Anselm Kiefer, Fifth Avenue ingresso ai Channel Gardens, Rockefeller Center (2 maggio – 22 luglio 2018)

Uraeus, la prima scultura pubblica in esterni creata per un luogo specifico di Anselm Kiefer mai stata commissionata per gli Stati Uniti sarà esposta questa primavera all’inizio dei Channel Gardens, di fronte alla Quinta Avenue. Ureaus, presentato dalla galleria Gagosian e organizzato dalla Fondazione Public Art e dalla società immobiliare Tishman Speyer, consiste in un gigantesco libro aperto con ali di aquila della larghezza di quasi 10 metri, entrambi di piombo, posti in cima a una colonna di acciaio inossidabile rivestita di piombo alta 6 metri. Raggruppati alla base della colonna vi sono altri libri di piombo enormi, mentre un grosso serpente si attorciglia attorno alla colonna. Il piombo è uno dei materiali preferiti dell’artista per le sue proprietà morbide e fluide tradizionalmente associate alla trasformazione alchemica, specialmente nella sua seconda fase: la dissoluzione.

Kiefer è uno dei più importanti artisti tedeschi della generazione nata durante o subito dopo la Seconda guerra mondiale, una figura di fama internazionale a cui di recente è stata conferita la medaglia J. Paul Jetty (2017).

L’enigmatico titolo della scultura, Uraeus, si riferisce alla sagoma eretta del cobra egizio, associato al serpente della dea Uadjet e simbolo di potere e autorità divini. Le ali evocano i copricapi e le collane indossati dai reali egiziani in omaggio alla dea degli avvoltoi Nekhbet. Uadjet e Nekhbet erano le guardiane rispettivamente del Basso e Alto Egitto, e, a seguito dell’unificazione dell’antico Egitto, divennero entrambe protettrici della civilizzazione.

Perché la mostra su moda e religione cattolica al Met Museum di New York sarà un successo

L’indirizzo scelto per presentarla al mondo sostiene già la tesi che la mostra di “Heavenly Bodies”, la prossima organizzata del Costume Institute del Metropolitan Museum di New York, sarà una delle più apprezzate e seguite della lunga serie di eventi che l’istituto, fondato nel 1937 e dal 2014 dedicato, come monumento vivente, ad Anna Wintour, abbia mai proposto ai suoi appassionati.

La stessa Anna Wintour, insieme a Donatella Versace, che ha sponsorizzato la mostra, il direttore creativo di Valentino Pierpaolo Piccioli, in rappresentanza della città e della sua lunga storia di couture, erano in prima fila ad ascoltare gli interventi nella magnifica Galleria Colonna, sotto le volte affrescate e circondati da quadri di Pinturicchio, Carracci, Guido Reni, Tintoretto, Salvator Rosa, Bronzino, Guercino, Veronese.

Aperta dal prossimo 10 maggio – e introdotta dallo sfavillante Met Gala del 7 – la mostra ha come titolo “Fashion and the Catholic Imagination” e racconterà il legame fra moda e religione cattolica, fra lusso e sacralità, con un dialogo serrato fra oggetti di arte ecclesiastica e creazioni couture. Roma, ovviamente, di questo rapporto è la capitale: il Vaticano, le sue centinaia di chiese, il Barocco, le statue di angeli, Madonne e santi a ogni angolo di strada. Il suo passato da centro focale della moda, ormai indebolito, ma dal potente ricordo.

Lo stesso palazzo Colonna era un tempo sede papale, casa di Oddone Colonna, poi papa Martino V, dal 1420 al 1431. Vi riecheggia la voce di Anita Ekberg in abito talare nella Dolce Vita di Fellini ( l’abito “pretino” delle Sorelle Fontana, che per realizzarlo chiesero il permesso al Vaticano).
La mostra, si diceva, sarà un successo. Innanzitutto, per la sua spettacolarità culturale: mai come in questa “corpi celesti” la storia politica, economica, sociale e del costume è stata concentrata e raccontata. La stessa mostra dedicata al Vaticano, “The Vatican Collections: The Papacy and Art”, del 1983, è tuttora la terza più visitata di sempre del Met. E se consideriamo che la settima e la quinta più viste sono state organizzata dal Costume Institute – “Manus x Machina” del 2016 e “China: Through the Looking Glass” nel 2015 – ecco un altro sostegno alla teoria del successo.

Poi, sarà una mostra estesa ben al di là delle mura del Costume Institute: interesserà infatti 25 gallerie, cifra che la rende la più grande mai organizzata dal Met. Una sezione sarà allestita ai Cloisters, sede situata nel Fort Tyron Park sul fiume Hudson, zona nord di Manhattan, che raccoglie opere provenienti da cinque chiostri medievali europei. “L’idea è di evocare l’esperienza di un pellegrinaggio”, ha detto il capo curatore dell’Institute, Andrew Bolton.

Infine, sarà un successo perché, soprattutto negli Stati Uniti di puritano Dna, la religione che si trasforma in moda, con cantanti e artisti vari che la laicizzano, è sempre attraente. Madonna con Like a Virgin, Marilyn Manson con la sua versione di Personal Jesus, Beyoncé come una madonna rinascimentale incinta dei suoi due gemelli, Lady Gaga come “Mother Monster”, il logo di Bon Jovi con il cuore trafitto.

Cit. Chiara Beghelli, Il Sole 24 ore, 27 febbraio 2018